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Beholder – Recensione

Un opprimente governo totalitario monitora costantemente ogni aspetto della vita privata dei cittadini.

Beholder ci mette nei panni di un dipendente dello stato incaricato di spiare gli inquilini del suo nucleo abitativo e riportare alle autorità ogni attività sospetta.

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Beholder è un gestionale dalle meccaniche di gioco molto classiche, in cui l’obiettivo principale è sopravvivere. Il nostro compito, infatti, è servire lo stato, invadendo la privacy degli inquilini che popolano il nucleo abitativo da noi sorvegliato. Piazzando telecamere nascoste, spiando dalla serratura e frugando tra gli effetti personali degli ignari condomini, il nostro incarico è tracciare il profilo di tutte le persone con cui abbiamo a che fare e segnalare attività illegali alle autorità.

Carl e la sua famiglia sono stati trasferiti nel seminterrato del complesso, proprio accanto alla cucina in comune.

All’interno dell’appartamento è presente una stanza provvista di schermi, un tavolo e un telefono.

Il telefono sarà il nostro punto di contatto con il Ministro (ma non solo), e non rispondere per tempo alle chiamate potrà essere punito con una multa. Il tavolo, invece, ci permetterà di effettuare tre operazioni nei confronti di un inquilino a nostra scelta: denunciare, tracciare un profilo o ricattare.

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Oltre alle azioni, vi è la possibilità che un inquilino possieda un bene il cui possesso è proibito. Per verificare ciò, saremo costretti a intrufolarci grazie al nostro passepartout e interagire con la mobilia in cerca non solo di corpi del reato, ma anche semplicemente di oggetti che ci possano aiutare a delineare la personalità di un dato inquilino.

Tramite questi beni potremo infatti creare un profilo di ciascun individuo, ottenendo una ricompensa per ogni elemento degno di nota fatto presente a chi sta sopra di noi. È inoltre possibile rubare e, perché no, infilare volutamente materiale illegale negli appartamenti a nostro vantaggio.

Beholder coinvolge per molte ragioni, ma per altre, purtroppo, potrebbe risultare un poco ostico e quasi “ripetitivo”. La presenza di una linea narrativa principale granitica, infatti, ci costringerà a ripercorrere alcuni dialoghi e interazioni più volte al fine di poter sbloccare i vari finali.

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COMMENTO PERSONALE

Senza dubbio, una delle caratteristiche più importanti di Beholder è la possibilità di compiere scelte che influenzano l’evolversi del gioco e conducono verso uno dei vari finali multipli raggiungibili. Spesso, compiere una scelta non è facile: coprire attività illegali e non svolgere il proprio lavoro, significa andare contro il governo, con tutte le conseguenze che questo comporta.

Tolte alcune idee interessanti, per quanto riguarda i contenuti, la storia e l’ambientazione, e anche dal punto di vista grafico, Beholder di certo non emerge per originalità e innovazione. Le citazioni a romanzi distopici come 1984 si sprecano, tanto da essere quasi esagerate e spesso fin troppo palesi.

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