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System Shock – Recensione

Un anno fa è arrivato su PC il tanto atteso remake di uno dei titoli che ha creato una scuola nella prima metà degli anni ’90. System Shock è uno dei padri del genere noto come “immersive sim” e la sua eredità è stata in vigore da allora con franchise a lui debitori come Deus Ex o Bioshock. Nightdive Studio, che già qualche anno fa lavorava a una versione migliorata del titolo, si è occupato di questo remake uscito a fine maggio dello scorso anno per Steam e per l’Epic Games Store, e che ora fa la sua comparsa sulle console PlayStation 4 e PlayStation 5, e nell’ecosistema Xbox.

Il titolo

System Shock è stato originariamente sviluppato nel 1994 da Looking Glass Studios. Il team di sviluppo, guidato da una leggenda come Doug Church e prodotto da un’altra leggenda, Warren Spector, ha progettato un titolo che ha cercato di approfondire i concetti esposti in Ultima Underworld: mappe enormi e complesse con un design intricato in cui il giocatore doveva progredire risolvendo enigmi, trovando oggetti e combattendo nemici, con numerosi elementi di simulazione, gioco di ruolo e gameplay emergente che permettevano al giocatore varie possibilità quando si trattava di risolvere le situazioni che gli si presentavano.

Come abbiamo già accennato, un’edizione migliorata di questo classico è stata pubblicata da Nightdive Studio nel 2015. Sono stati apportati numerosi miglioramenti al sistema di controllo, la grafica è stata migliorata e il gioco ha subito un’ampia rifinitura durante la quale sono stati corretti bug e il supporto per le mod e le missioni progettate dai giocatori è stato aggiunto come standard. Non contento di ciò, poco dopo l’uscita di questa edizione estesa, Nightdive Studio ha annunciato la volontà di realizzare un remake del gioco e, al fine di finanziare parte del suo sviluppo, ha lanciato una campagna Kickstarter che si è rivelata un successo.

Non è stato facile approcciarsi a questo remake e lo studio di Vancouver ha finito per prolungare il suo sviluppo più a lungo del desiderato -otto anni, non di meno- con vari problemi come un cambio di motore e problemi di natura creativa, come cosa modernizzare e cosa no in un gioco con un design relativamente denso e complicato in modo da mantenere l’essenza mentre il titolo poteva aprirsi a un nuovo pubblico. Alla fine, sembra che all’interno dello studio abbia trionfato l’idea di rimanere fedeli all’opera originale, cosa celebrata dai fan più irriducibili del franchise, ma questo ha significato mantenere numerose meccaniche e concetti che erano chiaramente superati.

Gameplay ed altro

La storia di System Shock ci porta nell’anno 2072 dove un hacker anonimo viene arrestato mentre si intrufola nei sistemi della stazione spaziale Citadel, di proprietà della TriOptimum Corporation. L’hacker viene trasferito a Citadel dove Edward Diego, un alto funzionario della TriOptimum, gli offre la libertà e un impianto neurale avanzato in cambio di un piccolo lavoro per lui, rimuovendo i parametri etici di SHODAN, l’intelligenza artificiale che controlla e gestisce Citadel. Dopo aver fatto la sua parte, l’hacker riceve l’intervento chirurgico promesso e dopo un lungo periodo di convalescenza si risveglia con Citadel trasformata in un inferno.

Ci aspettano nove livelli labirintici e molto intricati in cui scopriremo cosa è successo a Citadel -anche se fin dall’inizio possiamo immaginarlo- e come fermare SHODAN dal suo obiettivo di distruggere la Terra. La storia è presentata in modo molto organico, con una narrazione ambientale che rivela ciò che è accaduto durante la documentazione, note e registrazioni audio, senza alcuna interazione con alcun NPC. E questi elementi vengono trasferiti anche al gameplay, dove veniamo letteralmente catapultati in un labirinto senza sapere davvero dove andare o quale passo fare in primo luogo.

Il remake di System Shock è difficile da giocare nonostante il suo schema di controllo sia stato completamente modernizzato per assomigliare a quello di qualsiasi sparatutto in prima persona attuale. La barriera iniziale all’ingresso è molto alta e non è stato fatto alcuno sforzo per abbassarla, quindi i giocatori sono costretti a momenti iniziali in cui si sentono totalmente persi all’interno della loro complessa mappatura piena di oggetti per lo più inutili, senza che il gioco si preoccupi di dare loro la minima indicazione di cosa dovrebbero fare o di come progredire.

Tuttavia, questa complessità faceva parte del fascino del titolo Looking Glass Studios, e anche a rischio di non raggiungere tutti i pubblici allo stesso modo, tutti coloro che sono venuti a godersi il titolo originale hanno potuto apprezzare la proposta di questo remake. Va anche detto che la parte tecnica e visiva del remake ha riscosso un grande consenso grazie alla saggia decisione di mantenere elementi come nemici e ambienti con un aspetto che simula la pixel art che ci ricorda il titolo originale mentre gli effetti grafici, le ombre e l’illuminazione sono completamente moderni e piuttosto accattivanti.

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